L’IMPORTANZA DELL’AUTOSTIMA PER IL PROPRIO BENESSERE

Perché non mi so apprezzare per quello che faccio e per quello che sono ? Perché vedo le cose in negativo? Perché mi rattristo anziché essere contento? Perché non credo a quello che gli altri mi dicono di positivo sul mio conto? Perché non riesco a vedere la realtà per quella che è? Cos’è che mi impedisce di pensare di me e degli altri in positivo? Perché mi metto sempre in situazioni che poi mi fanno stare male? Perché nella vita alcuni sembrano essere “vincenti”, altri “perdenti”?…….

Alcune volte queste domande ci assillano, soprattutto nei momenti “peggiori”, quando siamo sotto stress o siamo in ansia per qualcosa che temiamo possa andare per il verso storto; altre volte non riusciamo a scrollarci di dosso quel sentimento di tristezza, anche solo velato in tutto ciò che facciamo (nelle relazioni con il partner, con gli amici, sul lavoro, con i figli..). E come se non bastasse, ci troviamo in situazioni che sperimentiamo, viviamo purtroppo negativamente, ma chissà perché ci si trova “sempre” impigliati nella stessa trama di relazioni, situazioni nelle quali avremmo promesso che questa volta sarebbe stata l’ultima, con un’inevitabile quanto ripetitiva autoaccusa. E’ come se si ripetesse qualcosa, uno schema che non riusciamo a decifrare bene, ma di cui conosciamo purtroppo gli effetti, le conseguenze in quanto quello che proviamo emotivamente è qualcosa che si ripete: un sentimento di tristezza, di rabbia, di timore, di ansia o altro ancora. Quale spiegazione diamo a queste situazioni? Quali ragioni adduciamo del perché si verificano certi episodi proprio a noi e non ad altri?

Credo che gran parte della responsabilità di ciò che accade intorno a noi dipenda proprio dal modo in cui noi vediamo la realtà, noi stessi e gli altri; è vero che ci sono fatti e  eventi che sfuggono al nostro controllo, ma è anche vero che la gestione e le modalità di coping, cioè di far fronte agli  stessi dipende solo da noi. Per esempio, può succedere che una mattina mentre mi sto recando al lavoro e, sapendo di avere una riunione importante, la macchina si guasti improvvisamente; in questo caso posso magari arrabbiarmi con il destino, con me stesso o con qualcun altro (il meccanico che non ha fatto bene il suo lavoro) e pensare che non doveva succedere a me, ma alla fine devo trovare un modo per affrontare questa situazione, che sia risolutivo o meno. Posso cioè affrontare l’imprevisto con un atteggiamento positivo e realistico verso il problema che mi fa prendere la decisione di chiamare subito il carro attrezzi per non arrivare troppo in ritardo alla riunione, senza perdere di vista le priorità; oppure con un atteggiamento opposto posso aumentare, ingigantire ciò che provo (rabbia, tristezza…) o penso di me e di quello che sta succedendo; posso immaginarmi scenari catastrofici con la conseguenza di perdere il contatto con la realtà del momento, di non essere obiettivo, lucido e perdere così la possibilità di trovare una soluzione al problema (penso di essere sfortunato, che gli imprevisti succedono solo a me, che il capo mi licenzierà!!!…).

Qui sta il nodo centrale del discorso: il modo con cui noi guardiamo noi stessi, gli altri e affrontiamo la realtà è prettamente soggettivo nel senso che è legato al nostro vissuto, ai nostri schemi percettivi (posso percepirmi e sentire la realtà in modo bifocale, bianca o nera oppure attraverso la sua molteplice varietà di colori così come posso riconoscermi persona in grado di…, abile in molte attività, capace di.. ecc.) , cognitivi (posso pensare che il mondo intorno a me sia bello e vario in cui sperimentarsi e imparare tante cose oppure una “triste landa solitaria” in cui soffrire!) e comportamentali (sulla base di quello che sento e penso di me e degli altri deciderò di agire in un certo modo piuttosto che in un altro) che abbiamo appreso nel  corso della nostra infanzia. 

In altre parole abbiamo imparato ad affrontare le situazioni nella maniera che ritenevamo funzionale per noi e che ci poteva garantire una certa, anche se a volte apparente, “sicurezza” e un possibile tornaconto. E’ l’unica modalità che abbiamo conosciuto e per questo l’unica che ci può dare una certezza rispetto al nostro agire, anche se magari non porta a risolvere un problema, ad uscire da un’empasse. Quasi sicuramente questa modalità mi farà tutte le volte sperimentare un’emozione spiacevole che alla lunga non mi fa stare bene, ma pur di cambiare il certo per l’incerto mi adatto e resto in quella situazione, con quell’emozione, seppur dolorosa. 

E allora c’è qualcosa che possiamo fare in queste circostanze oppure siamo destinati a restare vittime dei nostri schemi che non procurano benessere?

Certo il discorso è molto più complesso di come ho cercato di descriverlo in maniera sintetica e semplicistica, ma quello che voglio dire e che è anche la cosa bella e confortante è che, se vogliamo, abbiamo il potere di cambiare, di modificare quegli schemi perché non sono altro che il frutto di qualcosa che abbiamo appreso, ricevuto, imparato da piccoli e che, se da un lato ci hanno permesso di crescere, nel bene o nel male, dall’altro possono aver limitato la nostra libertà, la nostra creatività, la nostra fantasia, la nostra naturalezza. Sono come un abito che indossiamo, ma del quale non siamo consapevoli pienamente.

Allora cominciare a rendersi conto di questo significa rendersi conto di ciò che non ci fa stare bene, di ciò che vogliamo conservare perché ci appartiene oppure di ciò che vogliamo abbandonare perché non sentiamo più nostro, oppure sentiamo limitante la nostra personalità, per iniziare a riscrivere un nuovo “copione” della nostra vita, questa volta più funzionale e rispondente ai nostri reali bisogni, alle nostre sincere esigenze.  

E’ il primo passo per cominciare ad indossare abiti nuovi e guardare  la realtà con occhi diversi, curiosi e provare  emozioni mai prima d’ora sperimentate. A volte può bastare anche qualche esercizio per infondere una dose di autostima, per darci valore, per riconoscerci e apprezzarci per quello che siamo e che facciamo. E allora provate a fermarvi un istante e rilassarvi (scegliete un posto tranquillo, lontano da rumori disturbanti). Provate a stendere (mentalmente o meglio se le annotate su un foglio) un elenco delle cose, situazioni, gesti, positivi fatti nell’arco della giornata, della settimana o del mese in cui vi siete sentiti fieri, orgogliosi di voi stessi anche per un solo istante. Permettetevi questo dono di riconoscervi per ciò che siete e valete; concedetevi questa carezza! Se lo fate, scoprirete quanto il  concentrarsi sugli aspetti positivi di noi stessi risulti più difficile del porre attenzione su ciò che invece non siamo stati in grado di fare. Ma non  scoraggiatevi, siamo sempre in tempo a decidere di cambiare rotta, solo se lo vogliamo e se decidiamo di impegnarci.    

La saggezza degli antichi greci e latini ci viene in aiuto a questo proposito nell’invitarci a ritrovare noi stessi (nosce te ipsum!), a ritagliare dei momenti per guardarci dentro e conoscerci meglio; questo richiede però che dedichiamo del tempo a noi, richiede di sapersi mettere in gioco, ma ne vale la pena perché è in gioco la nostra salute fisica e psichica.

     “La nostra meta non è mai un luogo, ma un nuovo modo di vedere le cose

H.Miller

Esercizio per sviluppare un atteggiamento mentale positivo

 Trovate almeno dieci aspetti positivi alla seguente vicenda:

Come tutti i giorni, Mario si alza per andare a prendere l’autobus per recarsi al lavoro. Dopo una vana attesa di oltre mezz’ora decide di tornare a casa per prendere l’auto.  Durante il tragitto viene fermato dalla polizia per un controllo e poiché la patente è scaduta da 6 mesi gli viene data la multa e vietato l’utilizzo del mezzo. A questo punto chiama la moglie per farsi portare al lavoro dove arriva con 2 ore di ritardo. Quella stessa mattina era tra l’ altro previsto un importante incontro con i giornalisti provenienti da tutta Italia che è stato di conseguenza annullato all’ultimo minuto. Il suo capo è su tutte le furie e lo redarguisce davanti ai colleghi….

Gli Specialisti del Centro per la Famiglia

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