NOSTRO FIGLIO CI PARLA IN DIVERSI MODI

ANCHE ATTRAVERSO IL DISEGNO, IL GIOCO E IL RACCONTO. 

SAPPIAMO ASCOLTARLO?

Il titolo è tratto da un percorso proposto dal Centro per la Famiglia di Orzinuovi, rivolto ai genitori di bambini di scuola dell’infanzia e primaria. Gli incontri formativi si propongono di offrire ai genitori, partendo dal bambino e dai suoi bisogni di crescita, modalità e strumenti per conoscere e comprendere sempre meglio i propri figli, per interagire adeguatamente con loro, per aiutarli ad esprimersi e a prendere consapevolezza dei propri bisogni… riscoprendo nella relazione educativa il senso e il piacere dello stare insieme. I temi che vengono affrontati in questi incontri di formazione per genitori riguardano il disegno, il gioco, il racconto, visti nelle diverse fasi di crescita del bambino. 

Per questi tre temi possiamo trovare un unico filo conduttore: l’immaginazione, che è la capacità di elaborare, combinare, darsi delle immagini. L’immaginazione è quindi una sintesi di dati sensoriali, che si armonizzano con l’ evoluzione del bambino, il suo sviluppo, il suo stato d’animo, la sua emotività e la sua cultura (intesa come ambiente di crescita). Attraverso l’immaginazione si opera nel bambino una tendenza al nuovo ed alla creatività. La base della creatività sta nella capacità della meraviglia che è scoperta, piacere, ricerca di senso, arricchimento.

Il tempo trascorso con i propri figli, attraverso il disegno, il gioco, il racconto, è un momento educativo di crescita per i bambini, guidati dai genitori verso la meraviglia e quindi verso lo sviluppo dell’immaginazione.

Ogni disegno è espressione della persona che lo esegue. Il disegno è la proiezione della storia, dei desideri, delle emozioni dei bambini. Pensiamo al bambino piccolo: già a due o tre anni scarabocchia, tira righe, lascia segni sul muro o dovunque gli capita, traccia ghirigori sulla sabbia o sul pavimento; con le dita se non ha il gessetto, con uno stecchetto se non ha la matita. Così facendo egli scrive, anzi parla: quei segni che a prima vista sembrano macchie illeggibili, sono invece discorsi assai eloquenti che il bambino rivolge, primi fra tutti, alla mamma e al papà. Ogni tratto ha una sua connotazione: una conferma si ha quando si chiede al piccolo “scarabocchiatore” di raccontare ciò che ha disegnato: “questo è il nonno, questo è il gatto, qui c’è la mamma, questo sono io”. Ogni segno assumerà agli occhi del bambino un senso diverso. 

Così l’autore del disegno dialoga con il mondo degli adulti: sta ai grandi, scoprire e seguire il filo di questo affascinante discorso. Con il buon senso e soprattutto con l’affetto sapremo sempre interpretare quei segni che non sono mai poca cosa. Quando un bambino ti mostra un foglio scarabocchiato, ti sta mostrando parte del suo mondo, di se stesso.

Sappiamo che c’è dell’altro nel disegno infantile: il bambino, esercitandosi a usare bene la matita, sollecita un’equilibrata coordinazione dei propri movimenti; si abitua ad organizzare in uno spazio prestabilito, idee ed impulsi, pertanto non dobbiamo mai sgridarlo se disegna su tutto ciò che trova a portata di mano. Semmai occorre mettergli a disposizione carta e matite colorate. I bambini che sono messi in condizione di disegnare saranno meno impacciati nei movimenti e avranno maggiore facilità a esprimersi.  

Il disegno del bambino si sviluppa attraverso diverse fasi. All’inizio, verso i quindici mesi, è generato da gesti casuali. Il piccolo prende una matita e, per caso o per imitazione, traccia il primo segno: ciò gli dà soddisfazione e quindi cerca di ripetere il gesto. Gradualmente emerge l’intenzionalità, nel senso che il piccolo è in grado di coordinare meglio le sue capacità visive con quelle motorie, e quindi saprà orientare meglio il suo movimento per produrre determinati segni. Il bambino passa dalla fase dello scarabocchio, considerato un semplice esercizio motorio, caratterizzato però da crescente intenzionalità. In questa fase sarà interessato a produrre linee orizzontali, verticali e circolari. Il bambino, su richiesta dell’adulto, definisce cosa ha disegnato. Successivamente abbiamo la fase detta dell’Omino Testone. Si tratta di un cerchio che rappresenta la testa, ma in un certo senso anche il corpo. Alla testa sono attaccate direttamente le braccia e le gambe, formate da una sola linea. Piano piano la figura umana assume una forma più completa e proporzionata, con l’aggiunta graduale delle diverse parti del corpo. Appaiono poi lo sfondo e il paesaggio e il disegno si arricchisce sempre più di particolari ed assume, verso i sei anni, forme sempre più proporzionate e realistiche. Nei disegni dei bambini si possono vedere oggetti e persone con proporzioni “sbagliate” o con relazioni bizzarre, ma ciò indica l’importanza e l’interesse che sente il bambino per una determinata situazione o cosa o persona. Il disegno è come una fotografia dell’investimento affettivo del bambino, del suo modo di vedere la realtà, la quale spesso non collima con la realtà oggettiva.

Fondamentale è il ruolo del colore. Fin verso i cinque anni, il colore è utilizzato in modo assolutamente personale e soggettivo; il viso potrà perciò essere rosso, blu o di qualsiasi altro colore che piaccia al “piccolo artista”: ciò che ha importanza per il bambino è il soddisfacimento del suo piacere. Attraverso il colore inoltre il bambino esprime le sue emozioni.

Il gioco è una dimensione fondamentale della vita ed è indispensabile per un’equilibrata crescita dei figli. Quando pensiamo alle cose davvero necessarie per i figli, pensiamo a mangiare, dormire, evitare i pericoli, essere ben vestito, imparare a comportarsi secondo le “regole”, essere istruito, avere mezzi economici, spesso però dimentichiamo il gioco. Soprattutto nei primi anni di vita è tanto grave che un bambino non mangi o non dorma quanto che non giochi. Attraverso il gioco egli costruisce il suo rapporto cognitivo-affettivo con i familiari, impara a relazionarsi col mondo, costruisce il suo equilibrio psico-motorio, impara a seguire delle regole (molto più comprensibili se presentate come “regole del gioco”). La vita con un bambino può diventare molto più bella, divertente, affascinante se si scopre che tutto si può fare e ottenere attraverso il gioco. In questa dimensione si comprende bene che il bambino non ha bisogno di tanti giocattoli, ma di qualcuno con cui giocare. I primi compagni di gioco dovrebbero essere la mamma e il papà e i primi strumenti il loro viso, le loro braccia, le carezze, la voce: con la voce, in particolare,si può parlare, cantare, raccontare, inventare e leggere storie, stimolando la fantasia e mettendo le prime basi per il dialogo con i figli. Altri strumenti utili possono essere oggetti della casa, della cucina, semplici costruzioni, acqua e farina per la manipolazione, colori (a dita, ad acqua, matite, pennarelli…), il contatto con la natura, le piante, gli animali… 

A seconda dell’età, con il gioco il bambino impara ad essere creativo, sperimenta le sue capacità cognitive, scopre se stesso, entra in relazione con i suoi coetanei e sviluppa quindi la sua intera personalità. Il gioco favorisce lo sviluppo affettivo, lo sviluppo cognitivo e lo sviluppo sociale. Per i bambini molto piccoli, il gioco è soprattutto esercizio di esplorazione della realtà. Una delle funzioni più significative del gioco è quella di aiutare il bambino ad affrontare le emozioni della vita: amore, odio, aggressività, ansia. Il gioco gli consente di dominare la realtà. Il gioco simbolico aiuta invece lo sviluppo intellettivo: quando ad esempio un bambino fa finta di essere qualcun altro impara ad immedesimarsi per comprendere i diversi modi in cui le persone si comportano quando sono insieme e si identifica con alcune figure del mondo degli adulti. Crescendo, i giochi si fanno più complessi: i giochi di società, ad esempio, richiedono di scegliere fra varie tattiche possibili, tenendo sempre in conto la strategia dell’avversario. La capacità di prestare attenzione, di concentrazione su quanto gli succede intorno e la capacità di controllarsi sono gli atteggiamenti fondamentali che stanno alla base di ogni successivo apprendimento, a scuola e nella vita. Senza queste capacità non è possibile collaborare, portare a termine un compito, attendere di vedere i risultati, perseverare nonostante gli insuccessi. Tutte queste abilità vengono apprese nel gioco, in modo divertente. Lo sport completa l’opera che il gioco ha iniziato e diventa educativo perché si fa mezzo determinante per la formazione fisica e della personalità. L’apprendimento di un gioco o di uno sport è, infatti, una forma di educazione allo sforzo, alla capacità di tensione morale verso un obiettivo: tutto questo contribuisce all’acquisizione di una maggiore sicurezza di sé, anche in seguito alle gratificazioni ottenute dalla conquista di un risultato positivo. 

C’è un altro aspetto su cui tutti gli educatori sembrano oggi concordare: l’attività ludica riveste, in età evolutiva, un ruolo essenziale per lo sviluppo degli apprendimenti scolastici

Parliamo infine del racconto. Recenti ricerche scientifiche dimostrano come il leggere ad alta voce, con una certa continuità, ai bambini già in età prescolare abbia una positiva influenza sia dal punto di vista relazionale (è una opportunità di relazione tra bambino e genitori), che cognitivo (si sviluppa meglio e più precocemente la comprensione del linguaggio e la capacità di lettura); per di più si consolida nel bambino l’abitudine a leggere che si protrae, poi, nelle età successive. 

Il racconto ha una funzione fondamentale: quella di parlare delle emozioni, dare loro un nome, mostrare il ruolo che esse hanno nella quotidianità, come nelle situazioni eccezionali e nella vita di relazione. Tutto questo grazie anche all’immaginazione. L’immaginazione può essere attivata dai giochi che i bambini inventano, ma anche dall’ascolto di un racconto. L’elemento forte della storia è la metafora, che cattura l’attenzione e stimola l’immaginazione. Pensiamo per esempio al lupo della favola di Cappuccetto Rosso, non è altro che la metafora dell’adulto cattivo; questa metafora guida il bambino al passaggio dal fidarsi di tutti ad una visione più matura del “non tutti sono affidabili”. Attraverso la metafora del racconto, i bambini possono esplorare i propri sentimenti nei confronti di particolari persone o di situazioni che essi vivono.

Nella lettura e nell’ascolto, la mente deve costruirsi delle immagini, che possono essere diverse per ogni persona o bambino che le pensa; infatti le parole, a differenza delle fotografie e di un video, lasciano all’ascoltatore uno spazio da riempire, e che ognuno può riempire a proprio piacimento, con la propria immaginazione e con la propria sensibilità. Accogliere i bambini significa anzitutto accogliere le loro storie; la famiglia diviene quindi luogo di ascolto reciproco, di incontro di vissuti e di progetti sul futuro. Anche i bambini sono capaci di narrare con piacere e con tenerezza le loro storie, posseggono ricordi vicini e lontani e sanno trasmettere con spontaneità e immediatezza significati e importanze di momenti, fatti, emozioni, sentimenti, sensazioni.

Il bambino è rassicurato e valorizzato nel momento in cui riesce ad esprimersi ed è capito al di là delle aspettative che l’adulto ha su di lui, solo allora sente di potersi esporre e ci comunica qualcosa di sé di significativo ed importante. Narrando le loro storie, quasi sempre un intreccio di realtà e fantasia, ripercorrono ricordi, abitudini, paure, insicurezze, prendono coscienza di eventi interni e esterni… i ricordi e le emozioni diventano parola. Il bambino che prova a raccontare ci introduce nel suo mondo. In questo percorso svolge un ruolo fondamentale la figura dell’adulto: un adulto che accoglie, contiene, elabora le emozioni insieme al bambino stesso.

Un bambino fatica ad esprimere le proprie emozioni, ma anche a gestirle, soprattutto quando sono particolarmente intense (nel bene e nel male). Quando riconoscete che il vostro bambino vuole esprimere un sentimento, un’emozione, ma anche un disagio che voi genitori non riuscite a capire avrete molte più possibilità di successo se parlerete con lui nel suo linguaggio.  Le storie possono comunicare con i bambini ad un livello più profondo e molto più immediato che il linguaggio letterale. Una storia può funzionare come biglietto d’ingresso per il mondo interiore del bambino. Una storia, raccontata all’interno di in un rapporto genitore figlio, rafforza lo stesso rapporto, la relazione, la fiducia reciproca e soprattutto la sicurezza per il bambino, che trova un genitore disposto a stare con lui, a dedicargli del tempo prezioso, parlando un linguaggio comune, entrando quindi in sintonia. Il linguaggio appropriato rende il bambino libero di esprimersi e felice di essere ascoltato, capito, accolto. 

Quando il vostro bambino racconta una storia, limitatevi ad ascoltare e ad assecondarlo; concedetevi il tempo di immaginare di essere voi stessi nel mondo fantastico ideato dal bambino; è meglio evitare di cadere nella tentazione di condurre la storia seguendo un vostro personale interesse, evitate di formulare dei giudizi sulla trama della storia o sui personaggi, per non indisporre il bambino e non interrompere il momento di libertà controllata che il bambino si sta concedendo. Questi momenti sono fondamentali per l’espressione emotivo-affettiva del bambino ed anche perché creano vicinanza e rafforzano il legame genitori-figli.

Per qualsiasi domanda o richiesta è possibile recarsi di persona o telefonare al Centro durante gli orari di Segreteria (da lunedì a sabato dalle 9 alle 12) oppure scriverci una mail a orziperlafamiglia@libero.it. Visitate il nostro sito internet www.perlafamiglia-orzinuovi.it!

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